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![]() "LA PASSEGGIATA" |
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Cara ..., grazie per essermi vicina in questo periodo triste. La frase che hai scritto mi ha dato conforto: “L’amore va oltre la morte”. E’ proprio vero! Anzi, l’affetto per mio padre cresce e alimenta i ricordi di lui che si arricchiscono di particolari. Tu l’avevi visto di sfuggita, molto anziano, io vorrei fartelo conoscere in tutta la sua tenerezza. Ho scelto un’esperienza vissuta insieme, tanto tempo fa. Avevo qualche anno meno di te. I luoghi li conosci bene. Ricordi quella lunga passeggiata con tutta la classe quando eri ancora mia alunna? Io la feci per la prima volta con mio padre. L’estate era calda ma piacevole, le strade di Malnate silenziose e tranquille in quel pomeriggio di domenica. Allora circolavano poche automobili però mio padre mi tenne per mano. Arrivammo al sentiero in terra battuta: le sue dita non avvolgevano più le mie, ma io gli rimasi comunque a fianco. Dai prati a sinistra il chiasso dei grilli arrivava fino a noi. All’altro lato eravamo protetti dal pendìo a strapiombo della collina, sulla cui sommità si allineavano gli orti, posti sul retro di alcune case. - Vedi?- mi spiegava mio padre - quella è la casa del Pierino, quella è la vite del Renato, guarda il pollaio con le gallinelle bianche… Io guardavo e ascoltavo. E ora, mentre ti sto scrivendo, rivedo tutto, come nelle tele piene di luce di un pittore impressionista (Hai presente Monet? Ne avevamo parlato a scuola). Anche le parole, e i minimi gesti di quel giorno, riesco a ritrovarli tutti, come se il tempo, anziché dissolverli, li avesse custoditi con cura. Così ricordo che a un certo punto chiesi: - Ma dove andiamo, papà?- Lui, con un sorriso sornione e un’aria misteriosa - Lo vedrai - bisbigliò- è una sorpresa. Qualcosa mi brillò dentro e le chiome degli alberi luccicarono di mille cristalli. L’aria si rinfrescò un poco, quando a sinistra apparvero dei boschetti. Seppi che erano di robinie, un pezzetto ci apparteneva e parte della legna da mettere nella stufa d’inverno arrivava da lì. Imparai a riconoscere il verso del cucùlo, il battito del picchio, il cinguettìo del fringuello. Più avanti i boschi si alternarono ai prati finchè sulla destra, tra castagni e cespugli di sambuco, mi sembrò di vedere delle rocce grigie. Papà andò avanti. Spostava i rami col braccio perché non mi graffiassero. Io ci passavo sotto e avanzavo un po’ alla volta. Infine si aprì una radura. Eravamo arrivati alla “cava”! Era più o meno come adesso. Una grotta enorme scavata nell’arenaria. Davanti alla cavità che precipitava verso il basso, il terreno era sabbioso. Papà mi diede la mano, io la tenni stretta. Non volevo finire giù, nell’abisso di acqua nera. Lui gridò: - Ciaoo Annaaa! Mi sentiii?- L’eco dilatò le sue parole. Nonostante il gocciolìo spettrale, mi incantai ai racconti di papà. Immaginai gli uomini spaccare la molera coi picconi e gli scultori creare vasi o cornicioni per abbellire l’esterno delle case. Altre volte percorsi quel sentiero e vidi la cava, provando sempre dell’emozione. Però non era più lo stupore di quel giorno, non era la sensazione che si prova vedendo qualcosa per la prima volta, soprattutto se ci entusiasma, soprattutto se chi è vicino a noi ci accompagna nel viverla. Oltrepassata la cava, udii uno strano sciacquìo. Il sentiero si allargò, divenne una riva e al di là di essa, luminosa come uno specchio, trasparente e cristallina, scorsi l’acqua del fiume. Come avrai intuito, era il Lanza. La passeggiata di quel giorno continuò lungo la riva, percorrendo stradine o entrando in stretti camminamenti tra l’erba alta dei prati. Anche se stavamo in silenzio, la presenza di mio padre era tutt’uno con l’ambiente. Mi comunicava calma, naturalezza, semplicità. Era il tramonto quando arrivammo al vecchio mulino. Quei ricordi di sole, di terra, di bellezza, ora sono fuori dal tempo e fanno parte di me, mio padre fa parte di me. Sono certa che mi hai capito… sei sempre stata un’alunna speciale! maestra Anna (racconto di Anna Maria Tettamanzi - 2010) |